martedì 6 novembre 2007

La giacca e il paletto

(E' un vecchio post, in realtà, di un blog collettivo che ho con amici, ma ci sono affezionato, e lo rimetto su qui)

Qualche giorno fa ho visto una immagine singolare, per strada, tanto che se avessi avuto una macchina fotografica l'avrei fissata. Siccome non riesco a dimenticarla, la racconto.
Stavo tornando a casa dal Dipartimento, ero all'altezza della piazzetta alberata che si apre sul fianco del Teatro Comunale e che dà verso i Giardini del Guasto. Sotto le fronde vicino alla fermata dell'autobus stazionava, come sempre, un gruppo di punkabbestia con i loro tanti cani. Io passo oltre, oltre anche la fermata, e pochi metri più in là mi trovo prima a scorgere, poi a mettere a fuoco un po' incredulo, e infine a fissare, senza peraltro smettere il cammino, qualcosa che davvero non aveva nessun senso. La strada su quel lato è bordeggiata da una fila di paletti metallici vagamente vezzosi, quasi che la vicinanza del Comunale imponesse a tutto l'arredo urbano finezze un po' fuori dall'usuale.
Ebbene, su uno di questi paletti dalla testa rotonda poggiava, come su una gruccia, una giacca da uomo. Una bella giacca, la metà superiore di un abito gessato grigio antracite, senza strappi né macchie né segni di consunzione. Poggiata lì e un po' ripiegata su stessa, forse con noncuranza come avrebbe potuto esserlo sullo schienale di una sedia d'albergo, ma assolutamente senza l'aria d'esser stata gettata via.
Ho guardato intorno, e non c'era nessuno nei pressi, i passanti le filavano a fianco ignorandola, i punkabbestia badavano altrove..
Allora mi è tornato in mente un vecchio albo a fumetti di
Sergio Toppi, credo si intitolasse L'uomo dei Seminole, che terminava proprio sull'immagine di una giacca abbandonata, la giacca di una divisa da soldato americano. Il protagonista era un mezzosangue dalla pelle molto chiara, arruolatosi nell'esercito degli Stati Uniti alla fine dell'Ottocento, durante la conquista della Florida, per sfuggire, fingendosi appunto un bianco, alla miseria e alla schiavitù. Ma non si può trovare la libertà indossando una divisa, e quest'uomo alla fine lo scopriva, dandosi alla macchia insieme agli indiani Seminole e sposando il loro destino già segnato.
Io in realtà non so da dove venisse quella buona giacca abbandonata su un paletto in centro a Bologna, e non ho simpatia sufficiente per gli indiani metropolitani da pensare a un manager in carriera che avesse fatto il gran rifiuto e si fosse unito al gruppo pulcioso dietro le mie spalle, anzi sospetto che sarebbe una morale davvero troppo facile per questa storia. So però che l'immagine era forte, e capace di numerosi sviluppi. Ho pensato a quel racconto di
Dick dell'uomo il cui mondo scompare un poco alla volta, e che fissa le tappe del suo allucinante calvario di sottrazioni progressive su un diario ritrovato in un bar, accanto a una tazza di caffé freddo, all'inizio della storia.. Ho pensato a Tre millimetri al giorno di Matheson, che è invece il racconto di un uomo che ogni giorno perde tre millimetri di statura, e si rimpicciolisce gradualmente fino a trovarsi faccia a faccia con la soglia ultima dell'annullamento, quando arriva a misurare appunto tre millimetri, e si domanda cosa accadrà il giorno dopo... Ho pensato a un qualche Bartleby lo scrivano al suo primo mesto "Preferirei di no", ho pensato a me stesso in giacca, e alla voglia che avevo di aprire la porta di casa e mettermi una tuta...

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