Prima di leggere me, consiglio a tutti di leggere questo.
Ecco, bentornati. Adesso possiamo parlarne.
Io ho detto molte volte che Leonardo è un genio ma, sapete, un genio a forza d'esser genio può cominciare pure a stare sulle scatole, permettetemi l'eufemismo. Mozart, esempio facile, o Wagner, erano senza dubbio dei geniacci, ma stronzetti anzichenò. E antipaticucci. La lista sarebbe lunghissima.
Ecco, chi soffre della sindrome di Salieri ha bisogno di anni di disintossicazione e di rieducazione, o semplicemente di avere un po' di pazienza. Pazienza sulla riva del fiume, aspettando non il cadavere di un nemico, ma il più classico dei ribaltoni da clessidra: l'amore che si capofitta in odio.
Perché un genio già di suo, già nel suo esser geniaccio infame, che l'azzecca sempre, che vede sempre più chiaro degli altri, che dice sempre meglio - e più finemente - degli altri, le cose, qualunque stramaledetto argomento tocchi, dall'Isola dei Famosi al Muro di Israele, un po' (un bel po') ti demolisce. La sua costanza, pure, ti demolisce. Per quanto tu possa avere attese alte, lui ne è sempre al di sopra. E questo ti DEVE demolire, è chiaro. Non c'è via d'uscita, l'ammirazione prima o poi si ha da convertire in nerissima invidia, in atra bile rovente, in pregiudiziale partito preso contro, in questa-volta-proprio-non-sono-d'accordo, in ma-che-delusione-e-io-che-ci credevo-in-te oppure anche in questa-
non-me-la-dovevi-fare/dire. Tortuosi sono i percorsi dell'animo umano.
Ma, dannazione, Leo - e allorché scatta l'apostrofe diretta, il pathos sale di tono, se possibile - quando un genio è pure così (passami la parola) maledettamente divertente, è finita per chi vorrebbe districarsi dalla rete dorata dell'ammirazione. Il tuo pezzo sul presunto capitolo inedito di Petrolio in possesso di Marcello Dell'Utri, perfettamente (perfidamente) sincronizzato con il coro - ma tutto fuori dal coro - rispetto alla voce del gruppo del "Primo Amore" e dei pasoliniani di tutto il mondo uniti, sarebbe stato fantastico anche senza l'ultima riga. Stavi già vincendo dieci a zero, non c'era bisogno del gol da fuori area in rovesciata senza guardare. E invece no. Arriva pure il gol-capolavoro: "Massimo rispetto allo scrittore che ha buttato giù un capitolo finto di Petrolio, non vedo l'ora di leggerlo; spero che oltre Dell'Utri prenda in giro anche Pasolini, che la prima lettera di ogni paragrafo componga la scritta F O R Z A C A L V I N O, cose del genere".
E' una battuta, ma favolosa. Cantava un tempo Guccini "per la battuta mi farei spellare". Bene, io per la battuta in genere forse no, ma per una battuta così, sì, eccome. Anni di letteratura critica, di Pasolini contro Calvino, epitomati in una riga. Che fa pure ridere...
Fin qui, ha parlato l'entusiasta che è in me. Ora mi ricompongo, e cerco di argomentare.
Si dice spesso, con un facile Flaiano, che la situazione è grave ma non seria. Lo dice spesso Maurizio Costanzo, e la cosa mi mette i brividi. Tuttavia è vero. In questo paese la situazione (da tempo) è gravissima. L'esistenza, nonché il ruolo, di Marcello Dell'Utri, per esempio, la rendono grave. La morte di Pasolini l'ha resa (o l'ha manifestata per) molto grave. Il blabla dei giornalisti e degli pseudo intellettuali la rende più che grave. Ma non è affatto seria. E' una tragica, tragicissima farsa, una cialtronata tutta italiana, da capo a piedi. E che vi scorrano fiumi di sangue, ancora una volta, non fa che confermarne l'orrore da vaudeville dell'apocalisse, da circo sul limitar del mondo, da baracconata senza dignità.
Il "Primo Amore" ha di nuovo innalzato la bandiera della propria crociata - e io peraltro la condivido - per la riapertura del processo intorno all'uccisione di Pasolini, sotto la guida di Carla Benedetti. Hanno fatto benissimo, ma il casus belli qual è? Una bufala. Una boiata pazzesca che viene nientemeno che da Marcello Dell'Utri. E hanno elevato il proprio "All'armi!" con una seriosità degna non diremo di miglior causa, certo di miglior occasione.
Scrive Carla Benedetti: "Il senatore Dell'Utri, del Pdl, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, non dice da chi ha avuto quelle pagine, ma annuncia che verranno esposte il 12 marzo alla Mostra del Libro antico di Milano. Nel caso che la sua dichiarazione corrisponda a verità, non ci troveremo di fronte a un semplice scoop librario o filologico, ma - non dimentichiamolo - a un vero e proprio corpo di reato, quelle pagine essendo state trafugate o da ladri penetrati nella casa di Pasolini subito dopo la sua morte, oppure sottratte in altro modo da chi poteva avere accesso alle sue carte. E tante domande allora si riaprono". E ancora: "Ammesso quindi che il senatore Dell'Utri sia davvero in possesso di quelle pagine, esse non sarebbero solo un prezioso ritrovamento letterario, ma anche una miccia accesa, che potrebbe far saltare in aria un'intera struttura di potere. E soprattutto - come mi auguro - potrebbe indurre a riaprire tutto il capitolo, sia sulla morte di Pasolini, sia sulle lunghe connivenze che per tanti anni hanno blindato la verità su quell'atroce delitto, lasciando impuniti i colpevoli".
Questi sono solo due frammenti tratti da un dossier che al momento conta già sei o sette pezzi, postati sul prestigioso lit-blog "Il Primo Amore", e che sta crescendo velocemente di ora in ora, senza dubbio in modo assai meritorio. Meritorio, per esempio, perché lì si ripubblicano le pagine di un libro introvabile, scomparso anche dalle due Biblioteche Nazionali di Roma e Firenze, che ispirò Pasolini e Petrolio. Un libro relativo al presidente dell'ENI Enrico Cefis, intitolato "Questo è Cefis. L'altra faccia dell'onorato presidente". Ma, continuo a dire, se da un lato è del tutto auspicabile che questa panzana serva a un fine civilmente importantissimo come far luce sulla tragica notte di Ostia, e magari anche su molto altro, dall'altro sempre di una panzana con ogni probabilità si tratta. Come sono giunte quelle pagine nelle mani di Dell'Utri? si grida. E' un corpo di reato, si grida. No, ahimè. Ci sono giunte, autentiche o apocrife che siano, pagando. Banalmente, biecamente, pagando. Fossero pure vere - e non credo che lo siano - non serve pensare ad altro che a uno zelante tombarolo, a un riciclatore di pezzi impresentabili, che tra un "Arbeit macht frei" da Auschwitz e una Gioconda, va in giro porta a porta (solo porte di case di lusso) per sentire "ahò signo', che interessa 'na cosetta inedita de Pasolini?"
Lo sfottò di Leonardo, nei confronti di Dell'Utri (e un po' anche nei confronti del "Primo Amore") è un promemoria salutare. Ricordiamoci sempre con che creta maleodorante stiamo pasticciando. Altro che miccia accesa per far saltare un intero sistema di potere...
Il pezzo di Leonardo secondo me è straordinario perché è l'articolo di qualcuno che ha conservato il senso dell'opposizione tra soldi e sapere. Ovvia? Non più tanto, ormai. Certo, di sòle se ne son sempre prodotte (pensate alla Donazione di Costantino!). Però un uomo come Lorenzo Valla gliela smontò, quella sòla, agli eruditi prezzolati del papa. Non abbastanza da demolire lo Stato della Chiesa, certo, ma abbastanza da coprirli di vergogna per un buon mezzo millennio. E anche solo se gli avesse rovinato la digestione, a qualche successore di Pietro, sarebbe stato ben fatto.
Ieri i ridicoli diari di Mussolini, oggi l'inedito di Petrolio, invece, non sono altro che "roba". Non c'è sapere in ballo. Contano perché costano, non costano perché contano. E si vendono a qualunque collezionista, purché abbastanza stupido e abbastanza ricco. Si vendono a un bibliofilo, che è l'esatto opposto di un amante dei libri, perché i libri valgono per quel che c'è scritto dentro, non per l'anno di edizione o le condizioni della copertina. Il bibliofilo è il più perverso tra i collezionisti: colleziona roba utile come se fosse inutile, anzi la fa diventare inutile. Un libro chiuso e intonso non è più un libro. Meglio sarebbe collezionare accendini finiti, tanto per dire.
Poi Leonardo è troppo buono, e a Dell'Utri concede persino un vicoletto di fuga, con l'ipotesi dell'inconfessato amatore del falso. Non dico che si sbagli, può pure essere - oggi va tanto di moda, nell'epoca dell'ipocrisia elevata a sistema - però secondo me è una lettura troppo nobile, il tipo non se la merita.
All'inverso - e torno sul nesso soldi/sapere - questo "caso" mi sembra abbastanza tipico di come il frastuono effimero del titolo a tutta pagina travolga ogni silenzio di riflessione, anche in coloro - intellettuali di professione - che più dovrebbero mantenere la cautela.
Intendiamoci: bene avranno fatto quelli del "Primo Amore" ad approfittare della cagnara mediatica per riparlare di Pasolini, del caso Mattei, di Cefis, di economia e criminalità, se questo è stato il loro pensiero. Ma quando tutta la notizia dell'inedito di Dell'Utri si sgonfierà, non ne patirà in qualche modo il contraccolpo anche la loro giusta iniziativa? Non si deve riparlare di Pasolini, Mattei, Cefis, in virtù del "ritrovamento" di Lampi sull'ENI. Bisogna riparlarne e basta. Se poi scopriremo che il testo è autentico, ma solo allora, parleremo anche di quello.
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2 commenti:
sottoscrivo pienamente.
Caro Sergio, grazie, come sempre, dell'attenzione che mi dedichi.
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