mercoledì 12 dicembre 2007

The Hammer of the Gods

Ho visto finalmente alcuni frammenti trasmessi dalle tv di tutto il mondo della reunion dei Led Zeppelin alla O2 Arena di Londra. Il concerto, il primo vero concerto intero dal 1980, si è svolto ieri sera davanti a ventimila persone, io credo, incredule loro per prime della fortuna (magari acquistata a caro prezzo) che avevano avuto. Gente che ai tempi del dirigibile non era ancora nata, fianco a fianco con gente che li aveva visti l'ultima volta a Tampa Bay in Florida nel '75 ed era finita sotto il palco a picchiarsi con gli Hell's Angels.
Ho avuto a mia volta la fortuna di vedere Plant e Page insieme, al festival milanese di Sonoria nel 1997; che non è la stessa cosa però, e non erano unledded per niente...
Ricorderò per sempre l'inizio di quello show, ormai vecchio di dieci anni. Il riff di The Immigrant Song che scatena vere e proprie ondate dentro la folla, sembrava il suono stesso a sparpargliarci in tutte le direzioni, ma poi l'improvvisa svolta, la metamorfosi, con quel giro celeberrimo che sotto le dita di Page cambia pelle, e diventa The Wanton Song, mentre Plant urla come un pazzo, e la pioggia che scende a fiumi su di noi da ore, d'un tratto, si fa ROVENTE.
Ho potuto ascoltare qualche frammento del concerto di ieri, non dico di più. Ma ho visto un Robert Plant bellissimo, con il pizzetto e una voce da leone, che gli acuti si li è scordati da tempo e chisseneimporta. Un John Paul Jones magro e in forma, con il suo mitico basso - a sinistra del palco lo aspettava però la sua tastiera per sparger emozioni su "No Quarter" o per graffiare su "Trampled Underfoot" -. E un Jimmy Page dai lunghi capelli finalmente tutti bianchi, senza più tintura. Lo stregone che attendevamo da sempre, trentasei anni dopo la copertina di Untitled, trenta dopo le riprese fantasy di The song remains the same, si è alfine rivelato.
Qualcuno ha giustamente scritto, nei commenti ai primi estratti su youtube, che Jason Bonham ha reso fiero suo padre. Doveva essere una vita che aspettava questo momento: di essere pronto davvero, e maturo, intendo, e di non esser lì solo per il cognome che portava. Altro che Phil Collins o Tony Thompson in quella parodia del Live Aid, o lo stesso Jason ma troppo bambino e sotto pressione all'Atlantic Memorial nell' 88, o il batterista degli Aerosmith alla Hall of Fame Ceremony nel '95. Ora il posto è davvero suo, e meritato.
Ragazzi, che emozione. Il sound era granitico, acido e tagliente. Pochi secondi, troppo pochi per giudicare.
Ma non si è il Martello degli Dei per una sola stagione.

Ecco qua la tracklist dello show:

01. Good Times, Bad Times
02. Ramble On
03. Black Dog
04. In My Time Of Dying
05. For Your Life
06. Trampled Under Foot
07. Nobody's Fault But Mine
08. No Quarter
09. Since I've Been Loving You
10. Dazed and Confused
11. Stairway To Heaven
12. The Song Remains the Same
13. Misty Mountain Hop
14. Kashmir

Encore:

15. Whole Lotta Love
16. Rock and Roll

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